I secoli di cui parlerò sono diversi dall’epoca in cui viviamo (…) ma offrono il vantaggio di poterli osservare con la necessaria distanza, come purtroppo non riusciamo a fare con la nostra contemporaneità. Nessuno più crede che possano insegnare qualcosa al presente, però rivelano come il corso della storia sia frutto di scelte, non il risultato di destini ineluttabili.
Nell introduzione al suo libro Ai margini del Medioevo, la storica medievista, Marina Montesano, esplicita chiaramente perché ha deciso di scrivere un libro sull’emarginazione in epoca medievale.
Il libro nasce da una conferenza sui popoli romanì svolta nel 2017 all’interno del Festival de Medioevo. L’evento ha fornito all’autrice l’occasione di indagare su alcune domande importanti sul tema: Che cosa porta a definire meccanismi di inclusione e/o di esclusione in una determinata compagine sociale? In quali casi o su quali basi scattano gli atteggiamenti persecutori?
Montesano traccia così la storia dell’emarginazione medievale cogliendo analogie e differenze tra i secoli e trovando nella religione un elemento centrale. Ma non solo. La professoressa sottolinea quanto quella ricerca dell’omogeneità religiosa nel processo della formazione dell’Europa moderna abbia prodotto identità religiose chiuse. Tante volte nella storia la religione più che unire ha diviso e ucciso.
A differenza di quello che si pensa comunemente, nel Medioevo le persone più disprezzate, quelle messe fuori dalla società non erano i poveri, i disabili, i malati. I veri emarginati erano coloro che non si riconoscevano nel cristianesimo. La religione, soprattutto nel tardo medioevo, è quindi l’elemento che divide, discrimina ed emargina le persone. Una discriminazione che si è evoluta nel tempo e l’autrice esamina nel dettaglio le diverse fasi.