Il Mediterraneo: un mare di connessioni

Nuovi campi di indagine

Gli studi storici negli ultimi anni hanno ampliato la ricerca sul Mar Mediterraneo ponendo sempre di più l’attenzione sulle connessioni che esso ha favorito piuttosto che soffermarsi sulle divisioni che hanno portato allo scontro tra i popoli che su di esso si sono affacciati. Il Mare Mediterraneo diventa così uno spazio di connessione e di scambio imprescindibile per tutte quelle popolazioni che fin dall’antichità hanno vissuto e soprattutto navigato in lungo e in largo sulle sue acque. Analizzando quindi la storia da questa prospettiva sono emersi nuovi elementi per la ricerca storica che hanno portato a galla ulteriori prospettive attraverso cui indagare il passato.

Portrait de l’historien Fernand Braudel le 13 juin 1984 à Paris, France. (Photo by Micheline PELLETIER/Gamma-Rapho via Getty Images)

Pioniere di questi nuovi campi di studio è stato senz’altro lo storico francese Fernand Braudel, scomparso nel 1985, che con il suo Civiltà e imperi all’epoca di Filippo II ha dato avvio ad una nuova lettura degli avvenimenti, quella che lui chiamava la

Grande storia, ma anche storia profonda (…)Con questa definizione intendo una storia degli uomini vista nelle sue realtà collettive, nell’evoluzione lenta delle strutture, parola che assumo nel significato di moda: strutture degli Stati, delle economie, delle società e delle civiltà

Dopo l’opera di Braudel e il grande lavoro svolto da tanti storici del calibro di March Bloch, Jacque Le Goff, George Duby, Lucien Lefebvre, solo per citarne alcuni, la narrazione storica non si è più limitata allo studio degli eventi più importanti o delle grandi personalità ma si è sempre più interessata all’analisi delle strutture, delle interconnessioni, intrecciando la storia con altri campi di indagine come la demografia, l’economia, la sociologia, l’antropologia, la psicologia, la geografia. Tutto ciò ha dato uno scossone nel mondo degli storici e da allora la ricerca non ha più smesso di indagare l’uomo in tutti i suoi aspetti. Famosa la frase di Bloch:

Lo storico somiglia all’orco della fiaba.  Egli sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda”.

Consigli di lettura

Tre sono i libri usciti recentemente, e tutti editi da Carocci, che analizzano il Mar Mediterraneo seguendo il filone delle connessioni.

Partiamo da “Il mare che corrompe” scritto dal professore si storia medievale dell’Università di Londra, Peregrine Horden e dal professor emerito Camden di storia antica dell’università di Oxford Nicholas Purcelle. In questo volume i due autori indagano gli aspetti della storia del Mediterraneo che hanno attraversato i millenni senza troppi cambiamenti, andando così alla ricerca di tutti quegli elementi che hanno da sempre caratterizzato l’area mediterranea. L’ambiente è il perno attorno a cui gira tutta l’indagine, un ambiente costituito da fattori umani e fisici. Ciò che emerge dalle indagini dei due storici è un Mediterraneo che ha sì una certa continuità che però non è statica né tantomeno monocorde. L’area del Mediterraneo è costantemente in mutamento, “Il Mediterraneo del Il mare che corrompe – si legge nel libro –  non è una cosa, ed è solo contingentemente un luogo. È piuttosto un insieme di modi di comportarsi, un modello complesso di storie sociali ed economiche e delle culture che le accompagnano… La storia del Mediterraneo è quindi l’insieme delle migliaia di momenti in cui le comunità vicine diventano marittime e – dovremmo aggiungere – cessano di esserlo“. Il titolo si rifà a un passo di Strabone “Platone ritiene che coloro che vogliono una città ben governata dovrebbero evitare il mare, maestro di vizio”. Il libro è ormai datato, è infatti uscito in inglese nel 2000, ma mai fino ad ora era stato pubblicato in italiano, la prefazione di Federico Santangelo, che ha collaborato al volume, però lo rinnova testimoniando quanto quel lavoro sia ancora attuale “molti dei problemi che abbiamo discusso all’epoca – scrive Santangelo – continuano tuttavia a essere rilevanti per i temi della discussione storica”.

Il secondo libro è “Un mare connesso” degli storici Jake Dyble, Alessandro Lo Bartolo e Elia Morelli. Già dal titolo si comprende chiaramente quale è la lente attraverso cui guardare il Mediterraneo. I tre autori infatti offrono uno sguardo innovativo sugli scambi intramediterranei dell’età moderna focalizzandosi in particolare sui rapporti commerciali, militari, finanziari e giuridici tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Per raccontare questo particolare panorama storico gli studiosi utilizzano gli atti giudiziari del Fondo dei Consoli del Mare di Pisa, un patrimonio archivistico eccezionalmente conservato. Interrogando a fondo in documenti infatti è possibile ricostruire le strette connessioni tra mondo cristiano e islamico tra il XV e il XIX secolo. In questo caso quindi la microstoria, cioè la ricostruzione minuziosa e analitica della storia di piccole comunità locali in un lungo arco di tempo, viene utilizzata per comprendere il funzionamento “normale” delle relazioni intramediterranee. Andando a indagare nella storia quotidiana dell’epoca emerge la questione dell’orientalismo, del fascino dell’Oriente che si porta dietro immagini stereotipate di una terra con cui si aveva uno scambio costante ma pur sempre culturalmente complicato. Infine gli studiosi non tralasciano il tema della schiavitù, del traffico continuo di essere umani che talvolta venivano riscattati, segno che parte degli schiavi continuavano ad avere una sorta di rapporto a distanza con la comunità di origine. Diversi sono quindi gli approcci che gli autori utilizzano per indagare la società dell’epoca: quello antropologico-culturale, seguito da quello giuridico e politico-diplomatico.

Sempre di Carocci è un libro sui viaggiatori europei in età moderna e contemporanei, Peripli culturali. La storica Giulia Iannuzzi ha raccolto in questo volume casi studio di diversi autori e autrici nei quali l’incontro con l’altro è il protagonista. I viaggi percorrono tutto il globo, dall’Asia all’Oceania passando per l’Africa e l’America del Nord. Un via via di viaggiatori che partivano per i più svariati motivi: commerciali, religiosi, politici, scientifici. In tutti i saggi questi viaggiatori vengono seguiti passo passo nei loro spostamenti e soprattutto nei loro incontri. E allora ecco farsi avanti Sir Walter Raleigh che sotto il regno di Elisabetta I guidò personalmente una spedizione in Guiana trovandosi faccia a faccia con le popolazioni locali di cui osservò con curiosità gli usi e costumi. Ma di Sir Raleigh non vengono solamente illustrati i suoi spostamenti ma anche i libri di viaggio che arricchivano la sua biblioteca personale, segno di un desiderio di conoscere il mondo tanto da indurlo a scrivere la History of the world. Non può mancare il viaggio del gesuita Matteo Ricci che però viene raccontato seguendo il punto di vista di Wang Honghui ministro dei Riti in Cina che diede il suo benestare alla concessione della residenza a Pechino dei gesuiti. Viene anche sviscerato il rapporto tra i francesi e i malgasci.  Sono così analizzate le varie fasi che hanno caratterizzato l’incontro: la sottomissione, la conversione e la persuasione. Tutti tentativi che non portarono a nulla e tutto ciò portò gli intellettuali francesi a chiedersi come mai questo popolo nonostante tutti i tentativi continuava a essere “irriducibilmente diverso”. Nel libro ci sono altri viaggi, altre storie ed ogni viaggio viene accompagnato da riflessioni sull’alterità e sulle reazioni che essa ha fatto emergere all’interno della società europea.

Visto che è stato citato ecco qui un approfondimento sul grande storico francese March Bloch tratto dalla Rai. Clicca qui per vedere il documentario

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