Il parco come luogo di incontro e di passaggio, dove si sfiorano vite e nascono nuove amicizie. Potrebbe essere questa l’estrema (e semplicistica) sintesi del libro che vi proponiamo, che non è una novità editoriale.
Voci nel parco di Anthony Browne, edito da Camelozampa, ormai è un’opera conosciutissima, come il suo pluripremiato autore. Ma è uno di quei libri che non ci si stanca mai di leggere perché ogni volta rivela qualcosa in più, quel dettaglio che ci era sfuggito.
In un mondo di voci che cercano di rendersi uniche con la forza, per imporsi sulle altre, o che si camuffano, nascondendosi nella mischia, la storia di Browne – che sviluppa questo racconto a quattro distinte voci – va ben oltre l’esercizio di stile.
Una storia, quattro punti di vista
Il libro si compone di quattro capitoli, in cui ognuno dei gorilla protagonisti descrive con la propria voce la “sua” passeggiata nel parco. L’occasione è la stessa ma cambiano le prospettive e i punti di vista. Un’esperienza di lettura su più livelli, in cui la realtà si frammenta in più percezioni, andando oltre lo stigma del pensiero unico.
La diversità tra i personaggi è amplificata anche graficamente, grazie all’utilizzo di quattro differenti font, che diventano riflesso delle loro personalità. Per chi conosce l’autore, è quasi superfluo sottolineare che l’opera di Browne si presta a tantissime, interessanti analisi semiologiche e la scelta dei caratteri grafici ne è solo una.
“Voci nel parco” è la storia della mamma snob, dominante e iperprotettiva di Charles, che accompagna il cane Victoria e il figlio al parco, in una fastidiosissima visione fintamente democratica, che relega figlio e cane allo stesso (sotto) livello.
È la storia del padre di Smudge, che ha solo bisogno di uscire di casa con il cane Albert e sua figlia per cacciar via la depressione e dimenticarsi che non ha un lavoro.
Ma “Voci nel parco” è soprattutto la storia di Charles e di Smudge, appunto, i due bambini. Sono loro i veri protagonisti, non a caso gli unici ad essere identificati dall’autore con un nome.
Oltre l’autoreferenzialità
Anche Charles e Smudge vivono delle difficoltà. Charles si sente solo e oppresso da una madre dominatrice. Smudge è una bambina allegra, piena di energia, ama suo padre e cerca di far di tutto per distrarlo dai suoi problemi.
Le loro voci, a differenza di quelle degli adulti del racconto, però, non sono autoreferenziali. Charles e Smudge sanno osservare e ascoltare empaticamente l’altro perché non si chiudono in se stessi. Riconoscono la diversità e, seppur dopo qualche iniziale ritrosia, la accolgono.
Alla fine le loro singole voci, pur non perdendo la propria dimensione di soggettività, si incontrano in un canto che diventa quasi corale. A ricordare come, grazie all’amicizia e all’apertura verso l’altro, si possano rendere – anche solo un po’ – migliori le nostre vite.
Anthony Browne
Voci nel parco
Camelozampa, 2017
pp. 36, 16 euro